L’ HPV è un virus sessualmente trasmesso, per essere precisi è la malattia sessualmente trasmessa
più comune al mondo e la sua incidenza è in costante lieve aumento.
Fortunatamente la maggior parte dei pazienti contagiati guarisce da solo senza nemmeno sapere
di aver contratto il virus; in una piccola percentuale di pazienti invece il virus tende a rimanere in
alcune sedi specifiche dell’organismo e, in un numero ancora minore di pazienti, la sua
permanenza può portare delle conseguenze che vanno dalle più comuni e conosciute come i
condilomi alle più rare ma temibili displasie che possono evolvere fino a dare il carcinoma
squamoso con conseguenze temibili.
Le sedi dove il virus si può localizzare sono limitate e sono la cervice uterina, il canale anale ed il
laringe.
Storicamente gli effetti di questo virus sono stati ampiamente studiati in ginecologia infatti
colposcopia, screening con il PAP test, vaccinazione ad ampio spettro e trattamenti chirurgici sono
entrati nella comune pratica clinica e vengono regolarmente eseguiti sulle pazienti, purtroppo in
proctologia ed in otorino si paga un gap culturale di almeno 20 anni per cui molti pazienti sono
sfuggiti alla diagnosi precoce ed alla possibilità di eseguire trattamenti mininvasivi.
Fortunatamente però l’impegno scientifico in proctologia ci ha portato negli ultimi anni ad
evidenziare alcune peculiarità di questa temibile patologia che ci aiutano a dare risposte adeguate
ai nostri pazienti: in primis è una patologia che ha dei tempi molto dilatati nella sua evoluzione
dando circa 10 – 15 anni tra il contagio e l’eventuale sviluppo del carcinoma, passa attraverso
delle tappe prestabilite che sono: contagio – displasia lieve – displasia moderata – displasia severa
– carcinoma in situ – carcinoma invasivo, la HRA (colposcopia del canale anale) ci permette di
individuare queste lesioni nei loro vari gradi.
Fondamentali sono anche gli studi epidemiologici che ci dicono quali sono i pazienti a maggior
rischio di avere una infezione di lunga durata e quindi a maggior probabilità di sviluppare displasie:
pazienti HIV positivi, pazienti immunodepressi, omosessuali, pazienti che sono già venuti in
contatto con HPV dovrebbero essere osservati con maggiore attenzione.
Come in tutte le patologie a potenziale oncologico lo screening è la prima arma a nostra
disposizione e la più efficace, il poter individuare una displasia iniziale oltre che salvare la vita può
permettere trattamenti mininvasivi, un semplice tampone che ci confermi la presenza del virus
studiandone il DNA e tipizzandolo è un punto di partenza fondamentale, come d’altronde lo è il
PAP test ginecologico; se questo tampone fosse positivo ed il paziente un soggetto a rischio si
procede ad una HRA (anoscopia ad alta risoluzione) con biopsia; se la biopsia dovesse confermare
la displasia si procede al trattamento completo della displasia.